





Castanea sativa Miller. Castagno comune. Fagaceae.
Altezza 5-30 m.
Boschi. Fioritura maggio.
Albero (sp. monoica) dal portamento maestoso; chioma ampia, globosa, ramificata. Fusto eretto; corteccia bruno-rossastra con fessure longitudinali a spirale. Foglie ovate, appuntite, lucide, a margine seghettato. Fiori maschili riuniti in amenti eretti, biancastri, lunghi 10-20 cm; fiori femminili solitari alla base delle infiorescenze maschili.
Frutto (achenio) globoso, di colore marrone, racchiuso a 1-3 all’interno di un involucro a riccio e spinoso.
E’ controverso tra gli studiosi l’indigenato del castagno in Italia; era probabilmente specie spontanea durante l’era terziaria, scompare nel corso della glaciazione di Wùrm e ricompare durante l’epoca romana forse introdotto dall’Europa orientale mediterranea.
La coltura del castagno era nota nella civiltà Greco Romana, col passare del tempo i romani scoprono nuove varietà e prendono atto delle enormi potenzialità alimentari di questa pianta, la grande capacità produttiva, l’elevato valore nutritivo dei frutti e la lunga conservabilità degli stessi inducono ad un rapido sviluppo di questa specie nell’Europa occidentale.
In epoca medievale la castagna raggiunse il massimo rilievo alimentare, era considerata il “pane dei poveri”, in quanto fonte primaria di sostentamento e praticamente unico alimento delle popolazioni montane più disagiate.
Il castagno è l’essenza vegetale che in maggior misura partecipa alla composizione boschiva delle Langhe e del Roero; i boschi di castagno a ceduo possono essere considerati “artificiali”, ma ormai sono parte integrante dell’assetto vegetazionale in tutto il territorio.
